09/04/08

Scomparirà la Destra politica italiana

Scomparirà la Destra politica italiana
con le elezioni del 13 e 14 aprile prossimo?
Con le prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento, sembra che l’Italia si avvii ad avere un sistema politico prevalentemente bipartitico.
Infatti l’unificazione in unica lista di FI e AN, più formazioni partitiche minori, sembra, apparentemente, che debba far scomparire una forza politica dichiaratamente di Destra. Invece, sarebbe più che mai necessaria una politica di Destra, con i suoi principi e i suoi valori che possa giovare ad un’Italia rinnovata e messa in ginocchio dai tanti errori commessi, in ventidue mesi, dal rovinoso Governo di centrosinistra.
Ma che cos’è la Destra? In effetti esistono molteplici concezioni della Destra in politica. Per noi, però, la Destra politica vera è quella che più si avvicina ai principi della tradizione mirabilmente esposta, in tempi non sospetti, da S. Agostino: “Chiunque ripone la felicità umana solo in ciò che si può ottenere o godere sulla terra, nello scorrere e l’abbondare di beni mondani, è stolto e perverso, perché fa della Sinistra la Destra. Erano tali coloro di cui parla il salmo: certo avevano avuto da Dio ciò che possedevano, ma solo ciò che consideravano beatitudine e non desideravano altro. Vien detta nostra Sinistra tutto ciò che possediamo in questo mondo, vien detta nostra Destra tutto ciò che di eterno e immutabile Dio ci promette. Colui poi che ci darà la vita eterna è quello stesso che consola la nostra vita con i beni terreni: egli ha fatto la Destra e la Sinistra”.
Posto tutto ciò, a noi sembra che finché ci saranno uomini animati da una concezione di vita spirituale basata sul principio trascendente, anche in politica la Destra non scompare. I tempi mutano, le esigenze per affrontare i problemi attuali e le incognite del futuro sono tanti e impellenti, e non sempre formule organizzative e simboli politici che rappresentano una gloriosa esperienza, sono adatti e funzionali per guardare positivamente al futuro. Il patrimonio politico, storico, dottrinario della Destra politica italiana nata nel dicembre 1946 (e che ha operato una svolta decisiva a Fiuggi nel 1996), non può e non deve cadere nell’oblio. Le idee-forza di quell’esperienza, possono benissimo modellare e ispirare un nuovo organismo politico (e avere uno sviluppo che dopo Fiuggi non c’è stato) che, senza nulla rinnegare (anzi, rivalutando tanti aspetti sul piano storico) affronti i tempi che viviamo con maggiore capacità di espansione. La scuola tradizionalista afferma che è compito della politica l’attenta considerazione dei mali da rimuovere per ottenere la tranquillità dell’ordine e l’ammodernamento di strutture e istituzioni secondo le necessità dei tempi che si vivono. Oggi, a parte i mille problemi di ordine pratico e di “buon Governo” che si devono affrontare e risolvere in un modo o nell’altro, la maggiore discriminate tra Destra e Sinistra, è data dai motivi etici. Il divorzio dalla politica dai problemi etici è il divorzio della politica da se stessa, e questo la Destra dovrà tenerlo ben presente. Tutto ciò rappresenta il vero unico banco di prova per i politici di Destra che ci stanno traghettando nella nuova esperienza del partito unificato di centrodestra. Ci riusciranno mantenendosi coerenti a principi irrinunciabili con tutti gli enormi vantaggi che ne potrebbero derivare in Italia e in Europa? Lo vedremo. Se poi falliranno non perché il percorso è sbagliato ma solo perché baratteranno principi e valori per i loro vantaggi personali, lo constateremo alla prova dei fatti e ci regoleremo di conseguenza. Ma per ora, è necessario battere nettamente una sinistra letale. Se poi, nell’ambito della Destra vi sono uomini e gruppi che credono sia necessario rimanere vincolati ai simboli, questi meritano rispetto, ma devono dimostrare anche loro chiarezza di idee, bagaglio culturale adeguato, posizioni e proposte non legate solo al passato, a reazioni emozionali
a “ripicche” personalistiche.
Il dibattito è aperto.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Credo sia utile aprire un dibattito sulla Destra in Italia, e plaudo all’iniziativa. La confusione su questo tema è enorme, non solo a causa della propaganda della Sinistra, ma soprattutto per colpa di molti uomini politici che si definiscono di Destra e di tanti “cosiddetti” intellettuali di “area” che sono succubi, loro malgrado, delle concezioni relativiste.
Attualmente, possiamo solo constatare di “vedere” la destra italiana, in un fotogramma di taglio stalinista.
Infatti, da fonti tendenziose lo storico non può ottenere altro che informazioni incomplete e ingannevoli. Il supercilioso Francesco Germinario, specialista di studi sul poligrafo Alain De Benoist e sulla neodestra, ha elaborato un saggio sulla cultura dell’area , facendo uso prevalente se non esclusivo dei giudizi unilaterali e delle informazioni frammentarie raccolte nei soli scritti degli intellettuali ritenuti degni di abitare nel girone inferiore della sua selezionata e pregiata biblioteca.
Conosciuti ed apprezzati dal pubblico italiano, gli autori approvati e promossi da Germinario appartengono, con varie differenze, a quella scuola di pensiero, che ha concepito, nell’inconsapevole subalternità al gramscismo trionfante, una destra fondata sul disprezzo di sé: “Né destra né sinistra, oltre la destra oltre la sinistra, e di destra e di sinistra, sono espressioni ricorrenti nell’epopea identitaria dell’estrema destra, anzi sono inscritte nelle stesse origini ottocentesche della destra sovversiva e antidemocratica” .
Una destra che rifiuta d’esser tale, e rimpiange il delirio sessantottino quale splendida occasione per trasformarsi in un movimento antagonista capace di produrre inaudite alleanze - è un generoso energetico per la comatosa cultura dei progressisti, tentati di abbandonarsi alle estenuazioni crepuscolari del lacrimoso Eugenio Scalfari.
L’emblema delle fonti alle quali ha attinto Germinario è dunque il “fascismo immenso e rosso”, al quale Giano Accame ha intitolato un suo provocatorio e volutamente paradossale saggio su Drieu e il fascismo romantico dei francesi (che è altro da fascismo italiano).
Un emblema singolare e fascinoso, per il pubblico che ama le acrobazie con la rete. Non il simbolo dell’autentico popolo di destra, popolo del buon senso e del realismo, popolo che aspira alla tradizionale tranquillità nell’ordine e all’onesto sviluppo dell’economia, piuttosto che alle astratte avventure consigliate dai brillanti sognatori ammessi agli esclusivi scaffali di Germinario.
Ora l’esito della drastica e ingiustificata limitazione delle fonti è un mutilato disegno storico, nel quale le culture delle destre sono ridotte all’angusta misura della neodestra francese.
Un ritratto assomigliante alle inquietanti foto di gruppo, che l’arcigna polizia di Stalin otteneva sottoponendo gli originali al conformistico taglio delle personalità diventate scomode. L’Unione sovietica è affondata nella sterminata geografia del Gulag, ma in Italia le imperterrite forbici del Kgb tagliano ancora.
Curiosamente le figure censurate da Germinario (forse) perché ritenute imbarazzanti, appartengono agli interpreti e ai protagonisti del realismo politico d’ispirazione cattolica, vale a dire ai promotori della strategia intesa alla collaborazione con il partito dei cattolici e alla scalata democratica al potere: Arturo Michelini, Ernesto De Marzio, Nino Tripodi, Carlo Costamagna, Gianni Roberti, Nicola Galdo. Germinario, il naso chiuso da eleganti mollette antifasciste, li respinge nella penombra delle informazioni frettolose e vagamente disgustate. E con loro respinge nell’oblio nero gli illustri accademici e gli eminenti pensatori cattolici che in grande numero sono stati protagonisti di una appassionante stagione della cultura anticonformista. Insieme con i maggiori esponenti del Msi, le ingorde fotografie di taglio stalinista fanno sparire anche i giovani intellettuali che, negli anni Cinquanta, animarono la vita della migliore destra, Fausto Gianfranceschi, Giano Accame, Attilio Mordini, Sergio Bornacin, Francesco Grisi, Silvio Vitale, Giuseppe Tricoli, Gianfranco Legitimo, Fausto Belfiori, Primo Siena, Gaetano Rasi, Massimo Anderson, Giovanni Torti, Angelo Ruggiero, Carlo Casalena, Augusta Ribotta, Pinuccio Tatarella.
Le forbici di un autore progressista sono ovviamente insindacabili. Il risultato tradisce tuttavia tesi infondate, notizie di seconda e terza mano, argomentazioni vacillanti oltre che immotivate censure. Germinario sostiene la tesi di una destra chiusa in se stessa: “Siccome la democrazia può anche fiaccare chi democratico non è, la scelta dell’autoestraniazione e dell’autoghettizzazione diventa l’unica praticabile. Non c’era altra forma di resistenza possibile se non l’arroccamento” . Una tesi suggestiva ma capace di stare in pedi solo se incastonata nel ritratto di famiglia - in stile staliniano - realizzato mediante le forbici della neodestra e del rautismo. L’idea di una destra ghettizzata – chiusa nel frigorifero – era sostenuta, infatti, solo dalla minoranza del Msi, rappresentata da Giorgio Almirante e da Pino Rauti.
Quando nel ritratto di famiglia sono inseriti gli autentici protagonisti della destra realista e maggioritaria la tesi di Germinario si squaglia per fare posto alla verità storica, contemplante il sostegno della destra missina a quattro governi democristiani (Pella, Zoli, Segni, Tambroni) e il voto determinante per l’elezione di due presidenti della repubblica (Antonio Segni e Giovanni Leone). L’immagine dell’arroccamento si rifugia pertanto nei progetti fumosi elucubrati in quella destra di nicchia che si riconosce nella metafora del partito da frigorifero.
Francamente ridicolo è il giudizio scandalistico con il quale Germinario tenta di squalificare la destra svelando una sua sostanziale estraneità alla cultura della nazione. Lo scandalo si troverebbe, infatti, nello scarso interesse prestato all’opera di un gigante tra virgolette come Claudio Pavone e nell’ovvia attribuzione a Pasolini (l’autore di un testo vomitevole quale “Petrolio”) di un progetto inteso a dissacrare i valori della religione cancellando ogni figura della trascendenza. Come se il pasoliniano Alberto Zigaina non avesse riconosciuto che Pasolini dissacrò e scimmiottò il martirio cercando e infine trovando una morte degna dell’attore pederastico che egli impersonava.

Piero Vassallo